Attività poliedrica per la città: ricordando il maestro Mario Matteotti.
Si chiude, dunque, ad età veneranda la vicenda terrena del maestro Mario Matteotti. Lo ricordo,…
venerdì, 11 Ottobre 2024
Si chiude, dunque, ad età veneranda la vicenda terrena del maestro Mario Matteotti. Lo ricordo,…
“Che cos’è la verità?” questa intrigante domanda, formulata da Pilato verso Gesù in una circostanza altamente drammatica (come ricorda Giovanni nel Vangelo al capitolo 18 versetto 38) è rimasta da allora sempre attuale.
Paradossalmente, essa ispira tutto il pensiero articolatosi durante i secoli nelle menti e negli scritti di filosofi e letterati, di qualsiasi estrazione ideale e religiosa.
Quale indicatore di personale, inesausta ricerca, questa intrigante domanda si accompagna ad ulteriori domande, notoriamente segnalate come fondamentali per ciascuna donna e ciascun uomo di ogni generazione (“chi sono, donde vengo, verso dove mi muovo” ed altre analoghe).
Nel corso dei lavori del diciannovesimo Sinodo diocesano tridentino (alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso) l’allora direttore del settimanale ‘Vita trentina’ don Vittorio Cristelli coniò la dicotomica definizione di cristiano ‘a denominazione di origine controllata’ e cristiano ‘tappo corona’.
Da modesto, seppur convinto, appartenente alla seconda categoria, sia negli anni della mia formazione, sia negli anni della maturità, sia ora negli anni ormai prossimi alla senescenza, ho sempre coltivato il dubbio come metodo di ricerca sulle motivazioni dell’essere, sul rapporto con l’Assoluto, sulle relazioni umane.
In particolare, ho cercato di sviluppare la capacità di analisi, secondo quello stimolo alla razionalità che gli studi classici, sotto la guida dei validi docenti del Liceo ‘A.Maffei’, seppero indurre nelle nostre menti in anni lontani.
Molto sono stato debitore, sempre in quegli anni, anche al triennio della Scuola diocesana teologico pastorale, che aprì molte menti ad un approccio nuovo e stimolante, per esempio, alle Scritture.
Da ultimo, riconosco nella fatica del discernimento (modello ignaziano, portato in auge in questi anni dal primo Papa gesuita) una necessità della mente e dello spirito per affrontare circostanze, temi e tempi complessi o difficili.
Tutto questo ha a che fare, tra l’altro, con il concetto di libertà individuale, valore insopprimibile e primario del vivere umano: la libertà di respirare, di pensare, di credere, di apprezzare, di valorizzare, di voler bene, di entrare in relazione con le persone, di prendere parte all’esperienza collettiva in tante forme aggregative, di rispettare e di chiedere reciprocamente rispetto, la libertà di votare secondo coscienza, la libertà di farsi una opinione ed anche di cambiare idea, la libertà di esprimersi senza condizionamenti e via descrivendo.
Nella mia personale esperienza di vita molto ha contato la disponibilità all’ascolto: quanta saggezza ho potuto raccogliere dai racconti e dai dialoghi fra i miei genitori, fra loro e la nonna, gli zii e le zie, i prozii e le prozie, i tanti cugini e cugine di mamma e papà. Fluiva da quei racconti la storia familiare e quella dei vari segmenti sociali che avevano convissuto e ancora convivevano in questa nostra città.
Così è stata preziosa, per me, l’esperienza dell’ascolto delle colleghe e dei colleghi, che ho incontrato negli anni del mio lavoro impiegatizio; poi, quella dell’ascolto di tante collaboratrici e collaboratori, che ho incontrato negli anni del mio servizio pubblico nei diversi ruoli, che l’elettorato ha consentito che ricoprissi.
Né posso dimenticare sacerdoti e religiose, che in anni diversi ho potuto ascoltare, in ambito ecclesiale, nei loro consigli e nelle loro riflessioni.
Nemmeno posso dimenticare le donne e gli uomini incontrati ed ascoltati nella politica e nella amministrazione, soprattutto quelle e quelli più anziani di me, con la ricchezza delle loro peculiari storie personali.
Anche in famiglia l’esperienza dell’ascolto mi rimane fondamentale. Non solo quello reciproco, costitutivo, con mia moglie; ora anche l’ascolto, davvero interessante, di figlie, figli, genero, nuore e persino quello dei due nipotini: mondi di novità e di conoscenze mi vengono da loro aperti e mi tengono in costante curiosità intellettuale.
L’approdo di questo impianto (domande, metodo, libertà, ascolto) è, naturalmente, anche il giudizio.
La attitudine al giudizio è distintiva dell’umanità.
Il modo di esprimere i propri giudizi è, a sua volta, distintivo di come ciascuna o ciascuno di noi (appartenenti a questa umanità) abbia raggiunto un sufficiente grado di intelligenza e di cultura.
Ed anche di educazione e di stile.
Certamente l’agone elettorale e postelettorale rivano non si è palesato da parte di tutti come l’ambito propizio a manifestazioni intelligenti, colte, educate e civili di esternazione dei propri giudizi.
La qualità di una classe politica si misura anche nel momento della sconfitta: ma questa è una mia opinione, che ho capito non trovare riscontro, almeno sinora, in chi si è concentrato, anche con incomprensibile livore, su presunte colpe altrui, con automatica autoassoluzione propria e del proprio operato nel quinquennio appena compiutosi.
Coltiviamo, dunque, la pazienza, in attesa di capire se oltre alla vera verità esistano anche una falsa verità oppure una (banale?) normale verità.
La ricerca della verità, in effetti, è ardua prova per la mente e per il cuore.
E nessuno ne è campione assoluto.
Claudio Molinari
Riva del Garda, 17 ottobre 2020.